Tik Tok e processi educativi
Spesso mi è stato chiesto quale fosse l’età migliore per consegnare un cellulare nelle mani del proprio figlio e della propria figlia. È una domanda molto soggettiva e che richiede un’attenzione particolare. Come per tutte le cose bisogna tener conto del livello di maturità dell’interessato e soprattutto sul reale utilizzo che se ne deve fare. La tendenza degli ultimi anni è quella di regalare il cellulare ai bambini che hanno effettuato la prima comunione, altri pongono come età d’inizio la prima uscita da soli per il quartiere o per andare a scuola o ad una gita. L’ètà, insomma, si sta sempre più abbassando e sempre più i nostri figli, fin da piccolissimi, sono abituati a vederci con i cellulari in mano e spesso a utilizzarli come mezzo di intrattenimento. Perché questo tema diventa di fondamentale importanza? Perché oramai il telefono non è più un semplice “telefono”, anzi, è inappropriato utilizzare anche questo termine. Il telefono è morto, tutti o quasi, siamo possessori di smartphone che permettono di navigare in rete, vedere film e serie tv, chattare, fare foto e video per poi postarli sulle varie piattaforme di social community. Infine, se ci resta del tempo, lo usiamo anche per fare una telefonata. I nostri ragazzi fanno esattamente questo: navigano.
Lo smartphone è lo strumento che utilizzano per navigare nel mare della rete con tutto ciò che essa comporta: cyberbullismo, sfide estreme, revenge porn, adescamenti, falsi profili, incontri amorosi. Sono tutti temi di cronaca che meritano doverosi approfondimenti e che condizionano inevitabilmente la “vita sociale” dei giovani d’oggi e anche la nostra. E per quanto tutto non sia sempre estremamente necessario è un processo di globalizzazione che non è pensabile arrestare e forse nemmeno davvero utile. Ci siamo dentro noi stessi. Quello che ritengo davvero utile è poter fare una riflessione pedagogica sul significato di tutto questo.
Nell’occhio del ciclone dell’ultimo periodo è finito Tik Tok, il social che a livello mondiale sta detenendo il maggior successo e che in alcuni paesi è stato bandito. Questo perché si sta diffondendo sempre più il fenomeno delle “video sfide”, vere e proprie gare in cui ragazzi, ma anche bambini, si sottopongono a prove estreme che, in alcuni casi, sono terminate anche con terribili morti. È quanto accaduto ad Antonella, Sara e a un’altra ragazzina di Ivrea. Tutte piccole, tutte incapaci di comprendere realmente cosa stessero facendo, tutte a fidarsi del video dei vari influencer, tutte che hanno trovato la morte con la sfida del soffocamento.
A questo punto la domanda che balena nella mente non è tanto, o non solo, su quale sia l’età più giusta per consegnare lo smartphone nelle mani dei nostri figli, quanto quale sia l’effettivo controllo che si effettua su di loro. Sono forse venuti a cadere i principi educativi della famiglia, c’è uno smarrimento di figure di riferimento che sempre più vengono ricercate e trovate nella rete. Influencer come veri e propri padri e madri digitali, personaggi capaci di arrivare ad essere gli unici interlocutori nei processi di crescita. Un “lontano ed estraneo” che diventa improvvisamente “vicino e conosciuto”, degno di fiducia ed emulato. La rete come un enorme tutorial delle varie fasi di sviluppo. Ma è davvero tutto così negativo?
Forse occorre fermarsi e chiedersi a che punto siamo nella relazione con i nostri ragazzi, quale sia il livello di condivisione e di fiducia, cosa ci spaventi e cosa andrebbe approfondito. Educare significa accompagnare e avere uno sguardo attento. C’è bisogno di discutere sull’importanza delle figure educative e sui temi portanti della pedagogia, c’è bisogno di diffusione di un linguaggio che sia fruibile e non di censura e messa al bando.
Il tema della pedagogia e dell’educazione portato avanti dai suoi specialisti è al servizio di quanto avviene nella nostra società. È importante discuterne, è fondamentale, qualora fosse necessario, ricorrere a tutte quelle figure professionali che in questo campo marciano nella direzione della salvaguardia dei processi educativi.
Lo smartphone è uno strumento, i protagonisti siamo noi.
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