Lo spazio educativo

Il lavoro del pedagogista prevede che quest’ultimo sia coinvolto nei più svariati contesti relazionali e in svariati luoghi in base al servizio nel quale prestano il loro supporto. Tutto ciò fa si che il pedagogista si relazioni con le persone che intraprendono il percorso educativo, sia singolo che gruppale, con nuclei familiari, gruppi di genitori o di ragazzi. Il tutto avviene secondo svariate modalità: colloqui individuali, attività laboratoriali di gruppo, attraverso interventi domiciliari, a scuola, in altri servizi nel caso di confronto in equipe multidisciplinari.
Ogni incontro, nella sua diversità, si giova ed è caratterizzato dalla cultura, dai saperi e dalle esperienze di cui è portatore ciascuno dei protagonisti e dall’interazione degli stessi protagonisti coinvolti. Tali incontri rappresentano il contesto privilegiato per la messa in campo e per l’osservazione delle dinamiche relazionali e comunicative che si instaurano. La parola che è importante sottolineare è appunto “dinamiche” che richiama, nel suo significato, al gioco e all’interazione di forze. Si è soliti, molto spesso, parlare con accezione negativa, di dinamiche disfunzionali, di interazioni problematiche che l’educatore o il pedagogista devono poi bloccare e cambiare. Ma da un punto di vista puramente pedagogico ha molto più senso anziché parlare di dinamiche, parlare di “forze”. Questo pone l’accento su una visione positivistica dell’interazione tra le parti che tiene conto dell’importanza dell’osservazione e della descrizione di come tali forze entrano in gioco.

Osservare e descrivere sono azioni necessarie per prevenire il rischio di apostrofare negativamente le forze e soprattutto richiamano il pedagogista all’importanza di saper porre l’attenzione a comprendere e riconoscere la forza dell’altro; ad agire la propria forza con lo scopo di lasciare una impronta educativa; a gestire e valorizzare le forze che scendono in campo. Ruolo fondamentale viene ricoperto dalla capacità che ha il pedagogista di promuovere processi di empowerment, di dare spazio all’altro valorizzandone l’esperienza e ascoltandolo con il desiderio di comprenderlo, di porre il proprio sapere al servizio dell’altro per condurlo in un accompagnamento.
È proprio attraverso la partecipazione che si possono mobilitare le risorse, competenze, disposizioni dell’altro rendendolo soggetto attivo dell’intervento educativo e promuovendo un percorso di crescita e di trasformazione.

L’educare assume la funzione di preparare, fare e offrire spazio all’altro, uno spazio all’interno del quale egli possa esprimere se stesso, presentare le proprie risorse e potenzialità, manifestare le proprie fragilità e andare incontro ad aspetti inediti. Altro non è che la creazione di uno spazio di accoglienza della persona, col fine di comprenderla, esplorarla, dando peso alla propria storia, risignificandola all’interno del lavoro educativo.

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