Il valore dell'attenzione nella relazione educativa
All’interno dei contesti educativi, al fine di poter promuovere una relazione ottimale e che comporti un buon livello di funzionamento con l’utente con il quale interagiamo, è importante che il pedagogista conservi e rispetti una caratteristica portante della propria professionalità e metodologia: l’attenzione. Essere “attenti” significa interessarsi all’altro, comporta il proseguimento del proprio processo trasformativo ma con la capacità di sapersi dirigere verso l’altro.
In un rapporto di fiducia, il pedagogista che chiede l’attenzione dei propri ragazzi, dei bambini, degli adolescenti, degli adulti, come regola deve porre attenzione, per primo, ai volti, alle situazioni, ai cambiamenti umorali, corporei, mentali, psichici, affettivi di tutti coloro di cui si prende cura. Per avere attenzione si deve dare attenzione, è il principio fondamentale. L’attenzione permette di andare verso gli altri, dislocandosi dalla propria individualità: l’ascolto inizia appunto con l’attenzione.
È importante tenere presente che l’attenzione non è una tecnica che si impara nelle scuole, bensì una fondamentale trasformazione del proprio modo di percepirsi e rivolgersi nei confronti di chi ci circonda.
L’attenzione pone la relazione al centro avviando un processo evolutivo e di rimodulazione reciproco, concretizzando la vigilanza e la semplice osservazione. Vigilare comporta assumere un atteggiamento di concentrazione sull’azione educativa e sull’altro che la riceve, ma implica anche avere la capacità di osservare i cambiamenti fisici, le sensazioni e le percezioni che il contesto educativo trasmette. Attraverso la vigilanza il pedagogista prende coscienza dei cambiamenti meno evidenti, si mette in ascolto delle emozioni, legge le variazioni di umore dei soggetti.
Altro aspetto imprescindibile nella costruzione della relazione educativa è l’ascolto.
L’ascolto educativo parte dal desiderio stesso di ascoltare, ci si predispone per farlo perché ascoltare comporta sempre un cambiamento e una trasformazione. Più l’ascolto è profondo, più è autentico ed empatico. Per ascolto profondo si intende un ascolto interconnesso con la persona con la quale avviene, con l’ambiente e con le situazioni vissute, le esperienze di vita. Ascoltare autenticamente significa “interessarsi a” con senso di responsabilità e consapevolezza dell’altro.
La caratteristica più complessa risiede nella dimensione empatica dell’ascolto perché è quella che avvicina realmente il pedagogista agli altri e genera il rapporto di fiducia necessario all’avvio del processo trasformativo di cura. Essere empatici permette al pedagogista di avviare relazioni educative capaci di tener conto della dimensione più profonda dell’altro e “utilizzarla” come canale comunicativo e rigenerativo.
Imparare l’empatia è possibile e doveroso per comprendere come orientare la propria progettazione, come rivolgersi al proprio ambiente educativo, come essere eticamente coerenti.
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