Hikikomori e ritiro sociale


Parlando di hikikomori (ritirati sociali), parliamo principalmente di adolescenti e giovani adulti che interrompono il proprio percorso formativo e professionale nonchè tutte le relazioni ed attività sociali per ritirarsi in casa. 
Il termine giapponese era usato anche in riferimento a giovani che presentavano tratti autistici e depressivi. 
Anche in Italia il fenomeno del ritiro sociale in adolescenza ha visto un notevole incremento negli ultimi anni. 
Il ritiro sociale con esordio in adolescenza, che si esprime attraverso l’abbandono scolastico e una volontaria autoreclusione domestica,nella propria stanza, a seguito del crollo dell’ideale infantile alle prese con le trasformazioni e i compiti evolutivi dell’adolescenza ha molto a che fare con il confronto con i pari e con il loro "sguardo" vissuto come giudicante e offensivo. 
Il tema della vergogna per questi ragazzi è il campo dove si gioca la partita della crescita e  dell'accettazione di sè. 

Per fronteggiare l'insopportabilità della delusione e del conflitto interiore i ragazzi possono rifugiarsi nell'uso di sostanze nel self cutting, nella rete vissuta come luogo dello sviluppo di un'immagine di sè grandiosa e potente anche se irreale. Il ritiro nella rete segnala il disagio e un primo tentativo di risolverlo, di lenire una sofferenza non integrabile psichicamente. I ritirati sociali individuano in internet l’unica possibilità di accesso alla conoscenza (ricerca di informazioni), di simbolizzazione (avatar, gdr) e di relazione con gli altri. L’accesso all’ambiente virtuale consente di insonorizzare voci e vissuti di solitudine e tristezza, tiene a distanza tollerabile le relazioni con gli altri, le angosce e il derivante senso di inadeguatezza. Lo stabilire relazioni senza un vero e proprio contatto corporeo con l'altro consentono all’immaginario di prendere parola e offrono un’opportunità di idealizzazione.
Internet in questa situazione assurge al ruolo di difesa-riparo, un mediatore tra la realtà e il pensiero di onnipotenza ma allo stesso tempo è un disperato tentativo di preservare la vitalità e la preziosità di un Sé fragile e scongiurare un crollo psicoevolutivo.
Intervenire su questi ragazzi significa "calarsi nel loro mondo", entrare nella loro stanza senza chiudersi la porta dietro, significa ristabilire il fascino per la relazione con l'altro vissuto non più come "nemico" ma come integrazione del sè. Significa intervenire nei contesti di vita, sulla famiglia, nella scuola, nella rete amicale.

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